28 febbraio 2011

26 febbraio 2011

La "Sindrome di Alienazione Culturale": un nuovo disagio? Una proposta del dr. G. Benedetti

Il dr. dr Gianmaria Benedetti è medico, neuropsichiatra infantile, psichiatra, psicoterapeuta.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Firenze, e all'Albo degli Psicoterapeuti dello stesso Ordine, esercita a FIRENZE, al Servizio di Salute Mentale Infanzia e Adolescenza, come Dirigente Medico primo livello. Svolge attività professionale Intramoenia ed è CTU del Tribunale di Firenze.
In questo articolo, pubblicato sul Portale di neuropsichiatria infantile, psichiatria e psicoterapia da lui diretto (clicca qui per vederlo) , affronta un tema emergente in molte famiglie di provenienza culturale diversa da quella in cui si sono inserite (nello specifico, in territorio italiano).
In questi casi, non è ormai difficile scorgere l'emergere, anche esplosivo, di una nuova forma di disagio e scompenso adolescenziale, che l'Autore, per similitudine dichiarata con la Sindrome di Alienazione Genitoriale, chiama Sindrome di Alienazione Culturale.


Aslam Mahmood, la madre di Almas la ragazzina pakistana rapita a Fano e di cui tratta il caso affrontato dal dr. G. Benedetti. Ora il padre della ragazza, Akatar Mahmood, tuttora agli arresti domiciliari, è stato condannato dal gip di Pesaro a due anni e quattro mesi di reclusione mentre la madre, Nabeela Aslam, ha avuto due anni ma la pena è stata sospesa.

L'ARTICOLO DI G. BENEDETTI (indirizzo originale: http://neuropsic.altervista.org/drupal/?q=node/171)

Come anticipiamo in questo articolo, riteniamo che una nuova forma di scompenso adolescenziale possa configuararsi nella Sindrome da Alienazione Culturale, come proponiamo di chiamarla.

La situazione di conflitto culturale, che viene estremizzato e in cui l'adolescente sembra operare una scelta irreversibile di divisione del mondo e di sè stesso/a, assomiglia molto alle situazioni di sepazione coniugale conflittuale in cui a un certo punto un figlio (figlia, più spesso) conteso prende posizione dalla parte di un genitore e rifiuta di continuare ad avere rapporti con l'altro, con modalità quasi deliranti. E' la ben nota Sindrome di Alienazione Genitoriale  che tanti problemi e difficoltà crea nelle situazioni di separazione conflittuale.

Si può forse anche qui parlare di una Sindrome di Alienazione Culturale, in cui l'adolescente 'conteso' fra due culture, quella originaria della famiglia e quella del gruppo sociale dei coetanei, fa una scelta di campo alienando/amputando una metà della sua vita, con modalità anche qui quasi deliranti (talora francamente deliranti) e con conseguenze che possono essere tragiche. La famiglia infatti, come quasi tutti gli operatori e le istituzioni coinvolte, non capisce quello che sta succedendo alla figlia e reagisce talora in modo incongruo, e fra azioni e reazioni si può arrivare all'irrimediabile.

E' urgente che tali situazioni siano riconosciute per quello che sono, e che gli interventi siano quelli dell'emergenza psichiatrica e non quelli sociali o di polizia!

Vedi anche (in forum solo per medici/psicologi) le nostre presentazioni al convegno EFPP di Firenze della primavera 2010 e al' convegno di adolescentologia' di Firenze 9/10/10

Possibile caso non riconosciuto

Da un giornale: Fano, ragazza rapita dal padre da un centro di accoglienza

FANO - Una ragazza pakistana di 17 anni è stata portata via dal padre, oggi intorno alle 13.30 a Fano, dal Centro di Accoglienza dell'Associazione Cante di Montevecchio Onlus, al numero 5 di via Fernando Palazzi, al centro della città marchigiana. L'uomo, assieme ad un'altra persona, ha costretto la ragazza a salire a bordo di una station-wagon, che poi è ripartita a tutta velocità. E' stato questo che ha fatto immediatamente pensare ad un rapimento e che ha fatto scattare l'allarme.

COMMENTO Che si tratti di un caso simile? Molti aspetti (età, nazionalità, tipo di intervento...) sembrano suggerirlo. Sarà stata valutata la possibilità di una sindrome psicopatologica? Sul giornale appare solo il dato sociale culturale, forse deformante.

I rischi di deformazione sono molto alti in casi di questo tipo, come in molti casi di sospetto abuso, fisico o sessuale che vengono denunciati spesso in corso di separazioni coniugali conflittuali, ai danni di un figlio variamente conteso. E' molto difficile anche agli specialisti sottrarsi alle influenze ambientali che possono alterare e 'inquinare' le valutazioni. La spinta a 'schierarsi' è fortissima, e il rischio di identificarsi è accentuato. Particolare che spesso il genere sessuale dello specialista influenza il tipo di identificazione e di schieramento.

SVILUPPI Ritrovata la ragazza rapita a Fano

Sta bene, arrestati entrambi i genitori

"Il padre, 40enne pachistano, non sopportava il suo stile di vita troppo "occidentale"

Voleva che la ragazza sposasse un connazionale. Coinvolta nella fuga l'intera famiglia

PESARO - E' stata ritrovata e sta bene Almas Mahmood, la ragazza pachistana di 17 anni rapita ieri dal padre nei pressi di un centro di accoglienza di Fano. Oltre al padre, Akatar Mahmood, di 40 anni, i carabinieri del comando provinciale di Pesaro hanno arrestato anche la madre, con l'accusa di concorso nel sequestro. In macchina, infatti, c'erano anche lei e altri due figli. Il maschio, 16 anni, è anche lui indagato. Secondo le prime ricostruzioni, sembra che il padre volesse costringe la giovane a sposare un connazionale.

Subito dopo il sequestro, la famiglia si è diretta verso Roma, dove ha trascorso la notte appoggiandosi presumibilmente a casa di connazionali residenti nella capitale. Poi, alle prime luci dell'alba, sono ripartiti verso Bologna, per ridirigersi ancora nel Pesarese. Qui, sull'autostrada A14 tra Fano e Marotta, l'auto è stata fermata dai carabinieri, che avevano seguito gli spostamenti della famiglia tenendo sotto controllo il cellulare del padre, rimasto sempre acceso.

Secondo quanto riferito da un inquirente, la ragazza è apparsa "sollevata" nel vedere le forze dell'ordine. Almas era stata affidata al centro "Fenice" dal Tribunale dei Minori, a causa dei maltrattamenti subiti in famiglia. Il padre, infatti, non sopportava il suo stile di vita "troppo occidentale" e le sue amicizie italiane. Per questo voleva a tutti i costi che la figlia sposasse un pachistano. L'anno scorso la giovane era finita in un ospedale di Senigallia in seguito alle botte ricevute. (19 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Cronaca

COMMENTO

Assomiglia molto ai casi di cui ci occupiamo, dove il 'rapimento' è interpretabile forse come un 'agito' (cioè un'azione sintomatica) che risponde al primo agito della ragazza. C'è da pensare, sotto le notizie giornalistiche che sono all'insegna del 'conflitto di culture' e criminalizzano i genitori, che tutta la questione non venga affrontata nel modo adeguato, che è quello di approfondire le dinamiche psicologiche in queste situazioni. Troppo rapidamente si agisce, a livello di servizi sociali magistratura, ecc, e si innescano azioni e reazioni che possono finbire tragicamente.

E' urgente che tali situazioni siano riconosciute per quello che sono, e che gli interventi siano quelli dell'emergenza psichiatrica, e non quelli sociali o, peggio, giudiziari!

Sindrome di Alienazione Culturale - Cultural Alienation Syndrome

Come anticipiamo in questo articolo riteniamo che una nuova forma di scompenso adolescenziale possa configuararsi nella Sindrome da Alienazione Culturale, come proponiamo di chiamarla.

La situazione di conflitto culturale, che viene estremizzato e in cui l'adolescente sembra operare una scelta irreversibile di divisione del mondo e di sè stesso/a, assomiglia molto alle situazioni di sepazione coniugale conflittuale in cui a un certo punto un figlio (figlia, più spesso) conteso prende posizione dalla parte di un genitore e rifiuta di continuare ad avere rapporti con l'altro, con modalità quasi deliranti. E' la ben nota Sindrome di Alienazione Genitoriale che tanti problemi e difficoltà crea nelle situazioni di separazione conflittuale.

Si può forse anche qui parlare di una Sindrome di Alienazione Culturale, in cui l'adolescente 'conteso' fra due culture, quella originaria della famiglia e quella del gruppo sociale dei coetanei, fa una scelta di campo alienando/amputando una metà della sua vita, con modalità anche qui quasi deliranti (talora francamente deliranti) e con conseguenze che possono essere tragiche. La famiglia infatti, come quasi tutti gli operatori e le istituzioni coinvolte, non capisce quello che sta succedendo alla figlia e reagisce talora in modo incongruo, e fra azioni e reazioni si può arrivare all'irrimediabile.

E' urgente che tali situazioni siano riconosciute per quello che sono, e che gli interventi siano quelli dell'emergenza psichiatrica e non quelli sociali o di polizia!

Vedi anche (in forum solo per medici/psicologi) le nostre presentazioni al convegno EFPP di Firenze della primavera 2010 e al' convegno di adolescentologia' di Firenze 9/10/10

Possibile caso non riconosciuto

Da un giornale: Fano, ragazza rapita dal padre da un centro di accoglienza

FANO - Una ragazza pakistana di 17 anni è stata portata via dal padre, oggi intorno alle 13.30 a Fano, dal Centro di Accoglienza dell'Associazione Cante di Montevecchio Onlus, al numero 5 di via Fernando Palazzi, al centro della città marchigiana. L'uomo, assieme ad un'altra persona, ha costretto la ragazza a salire a bordo di una station-wagon, che poi è ripartita a tutta velocità. E' stato questo che ha fatto immediatamente pensare ad un rapimento e che ha fatto scattare l'allarme.



COMMENTOChe si tratti di un caso simile? Molti aspetti (età, nazionalità, tipo di intervento...) sembrano suggerirlo. Sarà stata valutata la possibilità di una sindrome psicopatologica? Sul giornale appare solo il dato sociale culturale, forse deformante.

I rischi di deformazione sono molto alti in casi di questo tipo, come in molti casi di sospetto abuso, fisico o sessuale che vengono denunciati spesso in corso di separazioni coniugali conflittuali, ai danni di un figlio variamente conteso. E' molto difficile anche agli specialisti sottrarsi alle influenze ambientali che possono alterare e 'inquinare' le valutazioni. La spinta a 'schierarsi' è fortissima, e il rischio di identificarsi è accentuato. Particolare che spesso il genere sessuale dello specialista influenza il tipo di identificazione e di schieramento.

SVILUPPI Ritrovata la ragazza rapita a Fano

Sta bene, arrestati entrambi i genitori

"Il padre, 40enne pachistano, non sopportava il suo stile di vita troppo "occidentale"

Voleva che la ragazza sposasse un connazionale. Coinvolta nella fuga l'intera famiglia

PESARO - E' stata ritrovata e sta bene Almas Mahmood, la ragazza pachistana di 17 anni rapita ieri dal padre nei pressi di un centro di accoglienza di Fano. Oltre al padre, Akatar Mahmood, di 40 anni, i carabinieri del comando provinciale di Pesaro hanno arrestato anche la madre, con l'accusa di concorso nel sequestro. In macchina, infatti, c'erano anche lei e altri due figli. Il maschio, 16 anni, è anche lui indagato. Secondo le prime ricostruzioni, sembra che il padre volesse costringe la giovane a sposare un connazionale.

Subito dopo il sequestro, la famiglia si è diretta verso Roma, dove ha trascorso la notte appoggiandosi presumibilmente a casa di connazionali residenti nella capitale. Poi, alle prime luci dell'alba, sono ripartiti verso Bologna, per ridirigersi ancora nel Pesarese. Qui, sull'autostrada A14 tra Fano e Marotta, l'auto è stata fermata dai carabinieri, che avevano seguito gli spostamenti della famiglia tenendo sotto controllo il cellulare del padre, rimasto sempre acceso.

Secondo quanto riferito da un inquirente, la ragazza è apparsa "sollevata" nel vedere le forze dell'ordine. Almas era stata affidata al centro "Fenice" dal Tribunale dei Minori, a causa dei maltrattamenti subiti in famiglia. Il padre, infatti, non sopportava il suo stile di vita "troppo occidentale" e le sue amicizie italiane. Per questo voleva a tutti i costi che la figlia sposasse un pachistano. L'anno scorso la giovane era finita in un ospedale di Senigallia in seguito alle botte ricevute. (19 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Cronaca

COMMENTO

Assomiglia molto ai casi di cui ci occupiamo, dove il 'rapimento' è interpretabile forse come un 'agito' (cioè un'azione sintomatica) che risponde al primo agito della ragazza. C'è da pensare, sotto le notizie giornalistiche che sono all'insegna del 'conflitto di culture' e criminalizzano i genitori, che tutta la questione non venga affrontata nel modo adeguato, che è quello di approfondire le dinamiche psicologiche in queste situazioni. Troppo rapidamente si agisce, a livello di servizi sociali magistratura, ecc, e si innescano azioni e reazioni che possono finbire tragicamente.

E' urgente che tali situazioni siano riconosciute per quello che sono, e che gli interventi siano quelli dell'emergenza psichiatrica, e non quelli sociali o, peggio, giudiziari!



L'articolo originario è visibile a questo indirizzo:  http://neuropsic.altervista.org/drupal/?q=node/171 

 




Alcuni titoli dalla stampa o dai siti italiani sulla vicenda di Fano.

Come si può notare, il loro tenore va sempre verso la legittimazione di un solo punto di vista, e di fatto legittima lo scontro e la dis-integrazione dell'adolescente da uno dei due modelli:



Pakistana rapita dal padre-padrone

Salva la giovane pakistana rapita dal padre

 Sequestro Almas, genitori condannati a due anni


24 febbraio 2011

Le acrobazie dialettiche e ascientifiche dell'avvocato Casellati sulla mancata applicazione dell'affido condiviso

L'avvocato Casellati, che è anche Sottosegretario alla Giustizia, ha risposto alla interrogazione dell'Onorevole Bernardini (Partito Radicale - ricordiamocene al momento del voto!) sulla mancata applicazione dell'affido condiviso.
L'avvocato Castellari si è così espresso, di fatto negando che ci sia un problema di mancata applicazione della Legge...


"In risposta all’interrogazione dell’On. Bernardini, ritengo opportuno premettere che le informazioni attinenti i diversi quesiti sollevati sono state acquisite dal competente Ufficio Legislativo di questo Dicastero.
Dall’analisi dei dati diffusi dall’ISTAT il 21luglio 2010 relativi alla rilevazione dei procedimenti di separazione e divorzio condotta per l’anno 2008 presso le cancellerie dei 165 tribunali civili – emerge, infatti, che nelle separazioni e nei divorzi si è verificata negli ultimi anni una netta inversione di tendenza per quanto riguarda il tipo di affidamento dei figli minori. A motivo del cambiamento l’entrata in vigore della legge 54/2006 che ha introdotto, come noto, l’istituto dell’affido condiviso. Nel rapporto ISTAT si legge, invero, che: “Gli effetti di questa nuova legislazione sono chiaramente visibili osservando l’andamento nel tempo delle quote corrispondenti alle differenti modalità di affidamento. Fino al 2005, l’affidamento esclusivo dei figli minori alla madre è stata la tipologia largamente prevalente. Nel 2005 nell’80,7 per cento delle separazioni e nell’82,7 per cento dei divorzi i figli minori sono stati affidati alla madre, con percentuali più elevate nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese. La custodia esclusivamente paterna si è mostrata residuale anche rispetto all’affidamento congiunto o alternato, risultando pari al 3,4 per cento negli affidamenti a seguito di separazione e al 5,1 per cento per quelli scaturiti da sentenza di divorzio. A partire dal 2006, in concomitanza con l’introduzione della legge 54/2006, la quota di affidamenti concessi alla madre si è fortemente ridotta a vantaggio della nuova tipologia di affido condiviso. Il sorpasso vero e proprio è avvenuto nel 2007 (72,1 per cento di separazioni con figli in affido condiviso contro il 25,6 per cento di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre) per poi consolidarsi ulteriormente nel 2008 (78,8 per cento di separazioni con figli in affido condiviso contro il 19,1 per cento di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre). La quota di affidamenti concessi al padre continua a rimanere su livelli molto bassi. Infine, l’affidamento dei minori a terzi è una categoria residuale che interessa meno dell’1 per cento dei bambini.”.
Dall’esame di tali dati emerge una netta inversione di tendenza a favore dell’affidamento condiviso a partire dal 2006, fino a giungere nel 2008 alla rilevante percentuale del 78,8% di separazioni, e del 62,1%di divorzi con figli in affido condiviso. L’esame dei dati non conferma, quindi, quanto indicato nell’interrogazione con riferimento ad una “sostanziale inapplicazione” della nuova forma di affidamento da parte dei Tribunali italiani, che sarebbe concesso in un numero “limitatissimo di casi”.
Non si hanno, invece, rilevazioni statistiche, sui casi di “svuotamento” dell’affidamento condiviso, consistenti nell’introdurre il concetto di “collocazione” dei figli presso uno dei due genitori. L’eventuale individuazione di un genitore “collocatario”, presso il quale il figlio minore abbia la propria dimora prevalente, non influisce, tuttavia, sulla distribuzione della responsabilità genitoriale che, nel caso di affidamento condiviso, continua ad essere equamente distribuita tra i genitori. La previsione di una dimora abituale può scaturire o dallo stesso accordo tra i coniugi (tale modalità di regolamentazione è, infatti, molto spesso presente nelle separazioni consensuali e nelle richieste di divorzio congiunto) o da provvedimenti adottati dal Tribunale che possono rendersi necessari per due ordini di ragioni. La prima ragione è da ravvisare nella necessità che il minore, soprattutto se in tenera età, abbia un preciso punto di riferimento logistico, elemento necessario per un corretto sviluppo psico-fisico. Prevedere, infatti, una pari presenza del figlio nelle abitazioni di entrambi i genitori, implicherebbe un continuo trasferimento del minore, con effetti disorientanti per la sua crescita. Non a caso, è lo stesso legislatore che, disciplinando l’assegnazione della casa coniugale ad uno dei genitori proprio in considerazione del preminente interesse dei figli a conservare la residenza occupata in costanza di matrimonio o di convivenza, riconosce tale esigenza. Nella legge n.54/2006 che disciplina l’affidamento condiviso, sono state introdotte disposizioni in materia di assegnazione della casa coniugale. Tali disposizioni si sarebbero dovute ritenere superflue qualora il legislatore non avesse riconosciuto il diritto del minore a conservare un luogo di residenza, quanto meno “prevalente”.
La seconda ragione che può giustificare il ricorso al “collocamento” prevalente del minore presso uno dei due genitori è da ravvisarsi, nel caso di separazioni o divorzi molto conflittuali, nell’esigenza di attenuare i conflitti attraverso una puntuale disciplina dei rapporti. Se, infatti, come sostenuto dagli interroganti e come ribadito dalla Suprema Corte (cfr. sent. N.16593 del 18.6.2008), la conflittualità tra i genitori non può giustificare il ricorso all’affidamento esclusivo, è pur vero che può rendere estremamente difficoltosa la gestione quotidiana dell’affidamento condiviso. Se i genitori non sono capaci, a causa della conflittualità, di gestire in maniera condivisa i compiti quotidiani di cura del minore, l’intervento del giudice aiuta a stemperare ed evitare futuri conflitti stabilendo il collocamento prevalente del minore presso uno dei genitori, ovvero disciplinando il regime di incontri con l’altro genitori nel rispetto di un’equa distribuzione delle cure parentali.
Anche la Corte di Cassazione ha esaminato decisioni che hanno disposto l’affidamento condiviso di un minore con collocamento prevalente presso uno dei genitori, stabilendo che in tali ipotesi in tema di mantenimento dei figli ciascun genitore deve provvedere alla soddisfazione dei bisogni degli stessi “in misura proporzionale al proprio reddito e il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, il quale, in caso di affidamento condiviso con collocamento prevalente presso uno dei genitori, può essere posto a carico del genitore non collocatario, atteso il disposto dell’art. 155 cod. civ., nella parte in cui prevede che la determinazione dell’assegno avvenga anche considerando i tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore”(cfr. Sez. 1, Sentenza n. 23411 del 04/11/2009).
Peraltro, che l’esigenza da ultimo illustrata, di individuare il “domicilio” del minore sia comunemente avvertita, si desume anche dall’analisi della normativa che disciplina la materia nei principali paesi dell’Unione Europea. Dalle informazioni acquisibili sul sito internet della Rete Giudiziaria Europea realizzato dalla Commissione europea, emerge che nella maggior parte degli Stati membri (solo a titolo di esempio si citano Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Svezia, Spagna) è previsto che in caso di separazione o divorzio permanga l’affidamento “congiunto” in capo a entrambi i genitori. Tuttavia, quanto alla residenza del figlio - in mancanza di accordo dei genitori- decide il giudice stabilendo, senza modificare l’affidamento condiviso, le modalità di residenza.
Posto, dunque, che la previsione nel provvedimento giudiziale di una residenza prevalente del minore non riduce, né diminuisce i diritti del genitore “non collocatario”, tengo a sottolineare che le eventuali distorsioni nella corretta applicazione delle norme da parte delle Corti di merito possono essere censurate ricorrendo - nel caso di abusi commessi dal genitore “collocatario” -al procedimento disciplinato dall’art. 709 ter del c.p.c..
Ciò detto, non si può non convenire sulla situazione di forte disagio conseguente al collocamento prevalente presso uno dei genitori e non si può, del pari, non impegnarsi in approfondite riflessioni concettuali. Intendo precisare, infatti, che sui punti di possibile criticità è ferma e costante l’attenzione degli organi competenti e che, proprio in considerazione della estrema sensibilità della materia trattata, non si è mai smesso di ricercare, tra le molteplici soluzioni in astratto perseguibili, le formule più idonee a garantire in concreto la piena applicazione della legge n.54 del 2006."


Qui sotto, pubblichiamo il commento di Fabio Nestola alla risposta dell'avvocato Castellari (che noi, appunto, continuiamo a chiamare avvocato e non Sottosegretario, termine che utilizzeremo quando si dimostrerà garante di tutti i cittadini):


Acrobazie dialettiche, basate su dati - per stessa ammissione ministeriale - inesistenti
Non si hanno, invece, rilevazioni statistiche, sui casi di “svuotamento” dell’affidamento condiviso,….”

Non serve che lo dica l’On. Casellati: le percentuali di affido condiviso sono in crescita, lo può vedere chiunque consultando il sito ISTAT.
Non era questa la domanda alla quale il Sottosegretario era sollecitato a rispondere.
Avrebbe dovuto spiegare all’On. Bernardini se quelli che ai fini statistici figurano come condiviso avessero i reali contenuti dell’affido condiviso, e questo non lo ha fatto.

Quando avevo 10 anni la maestra mi ha detto “bel compitino, ma non ti sei accorto di andare fuori tema. Ora ti becchi un bel 4, la prossima volta sarai più attento”.

Acrobazie dialettiche, ostinatamente aggrappate alla citazione dei dati ISTAT senza considerare l’elemento sostanziale: la mera analisi statistica non può entrare nel merito dei contenuti che i dati esprimono.
Limitandosi a snocciolare numeri, in sostanza, non si potrà mai sapere cosa tali numeri nascondano.
O meglio, si capisce perfettamente che l’etichetta “condiviso” appare su un numero sempre crescente di provvedimenti, ma il Sottosegretario avrebbe dovuto spiegare se per caso il contenitore sia conforme al dettato del Legislatore, ma i contenuti no. 
Ecco il quesito rimasto senza risposta.

Quando avevo 40 anni un meccanico mi ha detto: “per consumare meno alcuni “furbetti” mi chiedono di togliere il catalizzatore. Le auto hanno i documenti Euro 4, quindi in regola, ma in realtà fanno più danni di prima”.

L’argomento è ovviamente diverso, ma le dinamiche di alcune officine sono identiche a quelle di alcuni Tribunali.
Genitore prevalente, assegno in ogni caso, tempi ripartiti 80% - 20% ….
Del condiviso rimane solo la dicitura
Ne risulta, piaccia o meno, che circolano centinaia di migliaia di separazioni senza marmitta catalitica.
Il profilo burocratico è a posto, ci sono i “documenti in regola” per poter propagandare l’escalation dell’affido condiviso. Poi in concreto la situazione è peggiore di prima, ma questo per molti operatori sembra non essere importante.

Non lo sanno o fingono di non sapere?
Delle due, una:
- o sono in malafede, quindi tentano di occultare una realtà nota a tutti
- oppure non conoscono affatto la materia che pretendono di trattare da esperti.
Non esiste una terza ipotesi.

Le capriole dialettiche continuano, sostenendo che la collocazione prevalente dei figli (mai prevista dal Legislatore, ma inserita a forza nella giurisprudenza consolidata) non abbia alcuna ripercussione sui compiti di cura, in quanto non riduce ne’ diminuisce i compiti del genitore escluso.

Quando avevo 20 anni il mio professore universitario mi ha detto: “per testare la validità di una norma,  un’ipotesi, un ragionamento, abituati a considerare anche il suo contrario Mai insegnamento fu più prezioso, nessun tomo studiato in seguito conteneva tanta profonda semplicità.

Se fosse valido il Casellati-pensiero in merito alla totale ininfluenza del domicilio prevalente sui compiti di cura, alcune curiose osservazioni non sarebbero necessarie.
Invece lo sono, eccome.

Se è così ininfluente, come mai ancora oggi è il principale argomento di disputa?

Se quello che conta non è la quantità ma la qualità del tempo trascorso con i figli, perché non assegnare al genitore che esce da casa un insipido 80% del tempo con la prole, e lasciare a chi ottiene la casa un bel 20% pieno di significati?

Non si tratta di innescare dispute per il bene immobile, supponiamo che rimanga assegnato a chi da sempre lo ottiene per consuetudine consolidata. I figli però trascorrono la maggior parte del tempo con l’altro genitore, tanto – secondo la Casellati – il ruolo educativo di chi li vede nei ritagli di tempo non viene minimamente scalfito.

Il problema - a mio parere - è che dei figli non interessi poi tanto a chi se ne riempie la bocca, mentre la attuale applicazione della norma è plasmata sui privilegi di genere mascherati da tutela del minore.
I figli non votano, i genitori si
C’è altro da spiegare?

Fabio Nestola
Fabio Nestola: dal 1994 si occupa di problemi  del divorzio e delle separazioni. Un punto di riferimento credibile e autorevole.


Pubblichiamo qui sotto, dal canale "PENSAVODIESSERESOLO" (clicca qui per vederne i contenuti), l'audio della risposta dell'Onorevole Bernardini alle affermazioni dell'avvocato Casellati.
Che, per noi, prima ancora di essere considerato Sottosegretario alla Giustizia, dimostra comunque di voler restare a tutelare la categoria di quei legali che vogliono garantire non la bigenitorialità ma il conflitto.




vedi anche le considerazioni scientifiche del dr. Vezzetti (clicca qui)

23 febbraio 2011

Le emergenze nel Mobbing Genitoriale: come gestirle

Quali sono le emergenze nel Mobbing Genitoriale?
Quelle che purtroppo accadono troppo spesso, e sono terribili.
E creano una tragedia che genera tragedia.
Questo post è rivolto sia ai genitori che entrano in queste tragedie, sia a chi sta loro vicino.
Perché bisogna imparare a superarsi, per affrontare questi drammi quotidiani.


dr. Gaetano Giordano

22 febbraio 2011

La PAS -o "Sindrome di Alienzazione Parentale" - è una malattia o non è una malattia?

Il problema di voler decretare la "non scientificità della PAS" -una posizione epistemologica discutibile quanto da discutere in dibattiti specialistici- spesso occulta, infatti, la volontà di non prendere in alcuna considerazione i gravi problemi psicopatologici che i comportamenti di questi genitori creano nei figli.

Che la "PAS" sia o no una malattia, ovvero frutto di un comportamento insensato di uno o entrambi i genitori, non conta nulla: quello a cui si deve dare grave attenzione, sono le ripercussioni che l'"amputazione di un genitore" (utilizzo l'ottimo linguaggio dello psichiatra Gianmaria Benedetti, di Firenze) crea nel minore travolto da un sistema conflittivo, nel quale spesso non si capisce se sono i genitori, i legali, i consulenti di parte, o tutti insieme, a creare un contesto patogenizzante.

Si può anche sperare di riuscire ad elencare le prove per cui la PAS non è una malattia. Ma questo che significa? Fregarsene delle tragedie provocate nei minori?

In sintesi, sembra  curioso che tutti vogliano dibattere se la PAS è o no una malattia, ma non si preoccupano di evitare le conseguenze delle conflittualità in corso di separazione. Ad esempio Mi sembra strano: molti si preoccupano dei bambini che finiscono sotto il Ritalin, ma -quando si parla di PAS- nessuno si preoccupa di quelli che finiscono sotto la carta bollata di avvocati e periti di parte. 

Per questo ritengo che la querelle sulla PAS come malattia o no nasconda interessi di parte, vuoi anche ideologici. O, come a volte ho constatato, gravi problemi personali. 


In realtà, la discussione sulla Pas come malattia o come malattia inventata e inesistente, sembra essere solo un ulteriore modo per guadagnare -come psicologi, come psichiatri, come legali o come periti- dalla conflittualità genitoriale.


Negare il "valore scientifico" alla PAS sembra essere infatti il cavallo di battaglia di nuovo sedicenti esperti che, in tal modo, si accattivano le simpatie ed il consenso, anche economico, di quei genitorii cui figli, guarda caso, non vogliono incontrare l'altro genitore.


Detto in altri termini, dibattere sulla esistenza o meno della PAS è un ulteriore modo per cercare consensi e guadagni da un sistema che vive di conflitti e non garantisce ai bambini un adeguato rapporto con entrambi i genitori. 


Non sentirete mai, infatti, qualcuno che nega l'esiustenza della Pas come patologia sostenere che, comunque, i figli hanno diritto ad entrambi i genitori.


Ed è da qui che si scopre l'intenzione di questi "esperti"