21 ottobre 2012

Un documento per dichiarare: l'esclusione immotivata di un genitore dalla vita di un figlio è un fenomeno grave e su cui intervenire


Sono firme abbastanza importanti della psichiatria forense e della psicologia giuridica quelle che hanno firmato questo documento.
Anche se, a chi è addentro ai lavori, è chiaro che alcuni nomi importanti del settore sono -immotivatamente!- stati esclusi, per via delle possibili -anzi, probabili...!- lotte interne alle società di Psicologia Giuridica e Criminologia.


Nonostante assenze importanti, che sono sicuramente schierate sulle stesse posizioni del documento (dov'è l'AIPG, ad esempio?), quanto affermano i firmatari di questo testo -che sono nomi fondamentali nel campo della psicologia giuridica e della psichiatria forense: Malagoli Togliatti e Gullotta, Camerini, Sabatello, e via dicendo, son nomi che a toprto o ragione fanno testo- quanto affermano i firmatari di questo testo è fondamentale per chiarire un punto fermo (nel quale personalmente mi ritrovo in pieno): 

- il problema dell'esistenza  del fenomeno noto come “alienazione genitoriale”, è mal posto

- la comunità scientifica è concorde nel qualificare le dinamiche psicologiche che conducono all'alienazione di un genitore come un disturbo della relazione e non come un disturbo individuale: un disfunzionamento familiare al quale contribuiscono tre soggetti:  genitore “alienante”, quello “alienato” ed il figlio;

- dunque andrebbe evitato il termine “sindrome di alienazione genitoriale”, risultando preferibile sostituirlo con il termine “Alienazione Parentale”, con il quale sarà probabilmente introdotto nel DSM V tra i “Disturbi Relazionali”; 

- il dibattito sull'esistenza o meno della PAS appare però, in questa prospettiva, del tutto fuorviante, perché l’esistenza del costrutto non giustifica gli interventi a riguardo ma la sua insussistenza non li esclude affatto;

- i dati che emergono dagli studi e dalla pratica peritale sul campo convergono infatti nell'indicare che l’alienazione parentale rappresenta un fattore di importante rischio evolutivo per l’instaurarsi di diversi disturbi di interesse psicopatologico;

- non si può dunque mettere in discussione la necessità di intervenire, sul piano psicosociale e giudiziario, allorquando si realizzi l’esclusione immotivata di un genitore dalla vita di un figlio non legata a comportamenti realmente maltrattanti o trascuranti da parte del genitore stesso, ma a partire da induzioni dirette o indirette provenienti dall'altro genitore


Nella restante parte di post tutto il testo in questione con i relativi firmatari

A CURA DEL:

- CENTRO STUDI SEPARAZIONI E AFFIDO MINORI
- OSSERVATORIO PERMANENTE CONTRO GLI ABUSI PERITALI
§ - Roma, in Piazza dei Re di Roma 3. 067017455 - 393.33.20.419
§ - Milano, Via Cimarosa n 13- – tel./fax. 02.39400897 - cell.3472583764
§ - A Reggio Emilia: via Che Guevara n 55 - tel. 347.2583764

Il "Centro Studi Separazioni e Affido Minori" (e l' “Osservatorio Permanente contro gli Abusi Peritali”) sono formato da colleghi psicologi e medici uniti tra loro da un solo vincolo culturale e di colleganza professionale, e -fatto determinante- non uniti da alcun aspetto associativo formalizzato.

Quello che unisce i colleghi sono solo "conoscenze" da condividere e l'Etica con cui utilizzarle.

Il Centro e l'Osservatorio non offrono direttamente Consulenze Legali.


20 ottobre 2012

Bambino strappato alla madre o madre che strappa le sentenze?


Il dr. Marco Muffolini, è dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche.
Informatico, è Consulente del Centro Studi Separazioni e Affido Minori per i contenuti informatici e multimediali.
Laureatosi con una tesi dal titolo “Vedere come pratica sociale: analisi e discussione di un articolo scientifico” per la Cattedra di Tecnologie per la collaborazione e la formazione, è l'esperto che analizza e studia i video e i documenti multimediali che arrivano al Centro Studi.
La sua collaborazione è stata determinante per risolvere diversi casi -come ad esempio alcuni di “falsi abusi” - nei quali i video e gli audio forniti in realtà rivelavano informazioni sfuggite alle prime, in alcuni casi ufficiali, non approfondite analisi.
Specialista in analisi delle comunicazioni, ha scritto per questo blog un articolo dal titolo e dal contenuto illuminanti.

- CENTRO STUDI SEPARAZIONI E AFFIDO MINORI
- OSSERVATORIO PERMANENTE CONTRO GLI ABUSI PERITALI
§ - Roma, in Piazza dei Re di Roma 3. 067017455 - 393.33.20.419
§ - Milano, Via Cimarosa n 13- – tel./fax. 02.39400897 - cell.3472583764
§ - A Reggio Emilia: via Che Guevara n 55 - tel. 347.2583764

Il "Centro Studi Separazioni e Affido Minori" (e l' “Osservatorio Permanente contro gli Abusi Peritali”) sono formato da colleghi psicologi e medici uniti tra loro da un solo vincolo culturale e di colleganza professionale, e -fatto determinante- non uniti da alcun aspetto associativo formalizzato.

Quello che unisce i colleghi sono solo "conoscenze" da condividere e l'Etica con cui utilizzarle.

Il Centro e l'Osservatorio non offrono direttamente Consulenze Legali.


19 ottobre 2012

Radio Radicale: il bambino conteso di Padova

Martedì 16 ottobre, a Radio Radicale, importante trasmissione sul bambino conteso di Padova.

Come ovviene ogni due martedì, Diego Sabatinelli e l'avvocato Alessandro Gerardi, alle 22.15 circa, si incontrano con i loro ospiti sui temi della separazione coniugale e del divorzio.

Questa volta in studio, a parlare del piccolo di Padova tolto alla madre attraverso l'esecuzione di una azione di Polizia Giudiziaria (stante il rifiuto della stessa a darlo al padre), si incontrano con i due conduttori: Gaetano Giordano, Loretta Ubaldi (criminologo, pedagogista forense), Paola Tomarelli (avvocato), e Fabio Nestola (presidente Fenbi e Stati Generali della Giustizia Familiare).

Dopo un colto e approfondito dibattito (del quale gli altri massmedia e programmi televisivi ci hanno clamorosamente privato), inizia una vivace discussione tra l'On. Pannella ed il dr. Giordano. Ovvio punto di discussione: la liceità dell'intervento sul bambino ed il suo essere un individuo che esprime una propria autodeterminazione.

CLICCA QUI PER ASCOLTARE IL PROGRAMMA

La foto, scattata al volo, è di Alessandro Calafiore, che collabora come fotografo con il Centro Studi Separazioni e Affido Minori per la documentazione fotografica.    

16 ottobre 2012

BAMBINO DI PADOVA: COME L'ITALIA DIVENTA UNA CULLA D'ILLEGALITA'

OVVERO...


...Ovvero come Mamme, Mamme santissime, Zie, Nonni, possano scatenarsi allegramente all'assalto di Polizia, Magistratura, Bambini, Sentenze e Decreti col consenso e l'aiuto di Belle Presentatrici (*), Onorevoli, Trasmissioni (a reti bipartizan!) alla ricerca di audience.

Mentre tutti siamo bravissimi a piangere su come in Italia le sentenze e le leggi restino sempre cartastraccia e le Mamme di Fiorito vengano a dirci che i loro figli, ahimè, non hanno fatto niente

12 ottobre 2012

Il bambino di Padova. Qual è la vera violenza che ha subito?

Un articolo della professoressa Maria Cristina Verrocchio, professore aggregato alla Università di Chieti  di Psicologia Clinica Forense.Perché è ora di interrogarsi su un punto: qual è la vera violenza che il piccolo Leonardo di Padova, sottratto alla madre, ha subito davvero?


11 ottobre 2012

Chi l'ha visto un vero modo di informare in caso di Mobbing Genitoriale?


Certo non l'ha visto chi ha assistito alla puntata di ieri, 10 ottobre 2012, di “Chi l'ha visto?”.

Il modo con cui, nella puntata in questione è stata presentata la tragica vicenda del bambino prelevato in provincia di Padova dalla Polizia di Stato per esser consegnato al padre, e delle drammatiche modalità con cui si è svolto il prelievo, è infatti, secondo noi un grave e terribile esempio di disinformazione.

Le immagini del prelievo apparentemente parlavano chiaro.
Urla, strilla, il piccolo di dieci anni che si dibatte disperatamente. Gli agenti che lo tirano via.
Pianti, strilla, richieste di aiuto con la voce di un bambino che a quell'ora doveva stare a scuola.

Tutto molto semplice.
Appunto: troppo semplice.

La vera disinformazione di "Chi l'ha visto?" è consistita appunto nel mostrare solo queste scene.

Troppo comodo, come sistema.

Come troppo semplice e comodo, troppo disinformante, veramente disinformante, è stato utilizzare la logica per la quale si stigmatizzavano solo le modalità del prelievo.

Senza far in alcun modo presente, e dunque occultandolo alla consapevolezza degli ascoltatori ignari di queste vicende, che se si è arrivati ad una situazione del genere, precedentemente a questo episodio vi è stato tutto un inanellarsi di eventi e situazioni, comportamenti e prese di posizione, che hanno portato il bambino a rifiutare pesantemente tutta una parte di sé e della propria vita, cioè l'altro genitore, quello che è stato costretto a ricorrere a mezzi simili, evidentemente non avendone altri.

E non si può non pensare che la responsabilità di tutto ciò non gravi proprio, almeno in parte o in gran parte, sulle spalle di chi, nel filmato, strillava che i bambini non si portano via così.

Certo: ma non li si riducono così, non li si portano a rifiutare in modi così terribili i contatti con l'altro genitore.

E di questo non ne hanno certo colpa né la Polizia che eseguiva l'ordinanza, né il consulente che ha fornito il parere al magistrato che ha deciso, né quest'ultimo.

La chiave disinformativa, detto in altri termini, è consistita appunto nella parcellizzazione della informazione: tutta la vicenda è stata ridotta ai suoi ultimi minuti.

Tutto il dramma consisteva solo in quelle scene.

Il resto non aveva alcuna importanza: come si fosse arrivati a quel punto non meritava mezzo secondo di intervento.

E, così, è stato occultato il vero dramma del bambino, che è quello di essere stato portato fino a quel punto di sofferenza.

Quello era un bambino che avrebbe dovuto trascorrere del tempo con il padre, e che avrebbe dovuto volere gli incontri con lui.

E' stato ridotto da qualcuno ad un piccolo disperato essere che si ribella e si strazia all'idea di stare con il padre, e poi ci si lamenta di come urlava e strillava, e del fatto che è servita la Polizia per dare la potestà al padre.

Sicuramente gli autori del programma contesteranno, con molta superficialità, a nostro avviso, tale lettura della loro trasmissione, sostenendo che il loro intento era solo quello di mostrare che le modalità del prelievo sono state incongrue e mal organizzate.

Appunto. La disinformazione è proprio questa. Mostrare il dramma di quel "prelievo", scenicamente intenso, tale da far alzare bene lo share e gli ascolti, degli ultimi istanti del conflitto, senza minimamente chiedersi o far notare che se si è giunti a quel punto è perché ci sono pesantissime responsabilità di chi doveva educare in ben altro modo l'affettività del piccolo.

In questo modo lo spettatore è stato portato a stigmatizzare come terribile solo questa ultima minuscola frazione della vicenda, e non gli anni di tragedia e di conflitto che l'hanno preceduta e, soprattutto, senza prendere in alcuna considerazione che molto probabilmente dietro quelle urla e quegli strilli, prima di quel prelievo, ci sono stati – molto probabilmente - terribili omissioni educative, forse veri e propri lavaggi del cervello- da parte di chi doveva far crescere il piccolo in un sereno contatto con entrambe le figure genitoriali.

E' evidente che quel piccolo è stato in qualche modo condizionato a non volere alcun rapporto con l'altro genitore, quello a cui l'intervento della Polizia lo consegnava, per ridarlo alla sua potestà.

Ma "Chi l'ha visto?" non ha in alcun modo accennato alle responsabilità di chi avrebbe dovuto educare il bambino all'affettività verso entrambi le figure genitoriali, trasformandolo in un piccolo che per andare con uno dei due doveva essere prelevato dalla Polizia.

"Chi l'ha visto?" si è assunto così una terribile responsabilità: ha occultato che vicende del genere possono nascere solo quando l'atteggiamento di chi cresce il bambino lo espone -e forse lo immerge pienamente- alla conflittualità dell'uno contro l'altro, trasformandolo in un combattente senza armi arruolato in uno schieramento che potrebbe non essere meno feroce, in senso psicologico, degli eserciti che arruolavano i soldati-bambini.

Perché gli autori del programma non hanno mostrato nulla della storia che precedeva quell'intervento?

Perché si sono focalizzati solo sull'intervento della Polizia, e non hanno minimamente fatto presente che se un bambino arriva a comportarsi in quel modo, e soprattutto a dover essere oggetto di un intervento del genere, è perché gli adulti che dovevano educarlo all'amore verso entrambi le figure genitoriali, hanno operato invece, molto probabilmente, esattamente al contrario, cioè inducendolo ad odiare uno dei due, col risultato di costringere Tribunali e Polizia?

Ci si è chiesto qual è stato il ruolo dei legali intervenuti nella vicenda, e se il loro operato abbia contribuito a rasserenare oppure ad esasperare i comportamenti che hanno portato poi il bambino a sviluppare questi atteggiamenti autolesivi?

Perché nulla di tutto questo è stato mostrato e detto?

Troppo comodo far parlare solo l'avvocato di una parte, troppo comodo mostrare solo l'ultima scena della tragedia senza puntare l'attenzione sulle responsabilità di chi viveva col bambino e l'ha probabilmente portato a quel rifiuto drammatico verso l'altro, troppo comodo permettere all'avvocato di una sola parte di intervenire, troppo comodo non approfondire in alcun modo le problematiche emerse nella Consulenza del professionista che ha consigliato quella soluzione, troppo comodo non sentire le motivazioni di questa consulenza e non chiedersi nemmeno se dicesse qualcosa di fondamentale, troppo comodo mostrare solo le ultime urla del bambino e non il suo strazio silenzioso di bambino arruolato in una guerra spaventosa, troppo comodo stigmatizzare l'ispettore di Polizia che diceva alla donna che urlava “Lei non è nessuno”.

Anche perché quell'ispettore di Polizia, una donna, aveva ragione.

La donna che parlava non aveva alcun titolo ad intervenire. E invece, a quanto sottolineano invece i giornali, era la solita nonna che invece di far opera di pacificazione e serenità, si è messa -a quel che riferiscono i quotidiani- a lottare contro l'intervento della Polizia, che eseguiva il volere di un Tribunale.
Un Tribunale che -e "Chi l'ha visto?" non ha per nulla approfondito questo aspetto- ha pensato di dare al padre del piccolo la piena potestà sul bambino. Evidentemente per motivi che dovevano avere una certa validità.
E di cui "Chi l'ha visto?" ci ha omesso tutto.

La chiave è dunque questa: è mistificatorio additare come terribile solo gli ultimi istanti di una tragedia quando, se si è giunti a quel punto, devono esserci terribili responsabilità negli adulti che hanno accompagnato la vita di quel piccolo, e molto probabilmente soprattutto negli adulti che l'hanno portato a rifiutare con tanta tragedia la vita con uno dei due.

Un pessimo, veramente pessimo, esempio di disinformazione.

dr. Gaetano GIORDANO

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